domenica 19 maggio 2013

Il fiume tra le pagine della letteratura



I fiumi sono stati spesso "protagonisti" anche di importanti pagine della letteratura mondiale.
Più che protagonisti, hanno fatto da scenario alla trama di grandi opere come Le avventure di 
Tom Sawyer di Mark Twain  o Il mulino del Po di Riccardo Bacchelli. 
Di sicuro un romanzo in cui il fiume diventa spesso partecipe delle delle vicende di personaggi 
sono I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. 


Lorenzo Tramaglino, detto Renzo, è il protagonista indiscusso del capitolo VXII: sta scappando 
da Milano (dove si era trasferito da Lecco per sfuggire alle grinfie di don Rodrigo che gli voleva 
portare via l’amata Lucia) perché la polizia della città l'ha scambiato per uno dei capi della
rivolta scoppiata a seguito dell'aumento del prezzo del pane: “Chi sa quanti birri in campo per 
dargli la caccia! Quali ordini erano stati spediti di frugar ne’ paesi, nell’osterie, per le strade!”.
Dopo essere stato arrestato e dopo esser riuscito a liberarsi delle guardie, il promesso 
sposo abbandona la città diretto verso i confini che lo dividono dalla salvezza. Si muove dunque
in direzione di Bergamo visto che allora il nostro capoluogo si trovava all'interno della 
repubblica di Venezia: “Verso Milano non vo di certo; l’Adda ha buona voce; e, quando le sarò 
vicino non ho più bisogno di chi me l’insegni. Se qualche barca c’è, da poter passare, passo 
subito, altrimenti mi fermerò fino alla mattina, in un campo, sur una pianta, come le passere: 
meglio su una pianta che in prigione.”.
Dopo le precedenti brutte esperienze nel corso della fuga (le dicerie sentite sul suo conto quando
si era fermato in un’osteria a Gorgonzola per un po’ di cibo e riposo), Renzo cerca con 
circospezione un posto dove passare la notte: “Quando s’abbatteva a passare per qualche 
paese, andava adagio adagio, guardando però se ci fosse ancora qualche uscio aperto; ma 
non vide mai altro segno di gente desta, che qualche lumicino trasparente da qualche 
impannata. Nella strada fuor dell’abitato, si soffermava ogni tanto; stava in orecchi, per vedere 
se sentiva quella benedetta voce dell’Adda; ma invano. Altre voci non sentiva, che un mugolio
di cani, che veniva da qualche cascina isolata, vagando per l’aria, lamentevole 
insieme e minaccioso”.
Quindi, dopo essersi addentrato in un bosco non senza qualche timore e spavento, il giovane vince tutte le paure grazie a un suono familiare avvertito in lontananza: “E stando così fermo, sospeso il fruscio de’ piedi nel fogliame, tutto tacendo d’intorno a lui, cominciò a sentire un rumore, un mormorio, un mormorio d’acqua corrente. Sta in orecchi; n’è certo; esclama: «E’ l’Adda!» Fu il ritrovamento d’un amico, d’un fratello, d’un salvatore”.

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