lunedì 10 dicembre 2012

A... come atrocità!


Ciao ragazzi, 

                vi scrivo dal passato visto  che ho notato una certa curiosità mista a terrore nel momento in cui mi avete incontrato sulle pagine del vostro manuale di Storia. Lasciate allora che vi chiarisca un paio di cose che mi riguardano.

Anzitutto il mio nome è Attila, mitico re degli Unni meglio conosciuto come il “flagello di Dio”, al punto che dove passavo io... “non cresceva più l’erba!”.  
Sono nato sulle montagne del Caucaso nel 406 d.C. e, ancora piccolo, persi il padre. Secondo le tradizioni del mio popolo, imparai ad andare a cavallo prima ancora di imparare a camminare. A cinque anni sapevo già combattere con arco e frecce.  
Dal 434 fino alla mia morte (avvenuta in Pannonia, l’attuale Ungheria, il 16 marzo 453 a soli 47 anni) governai un vastissimo impero che si estendeva dall'Europa centrale al Mar Caspio e dal Danubio al Baltico, unificando per la prima e ultima volta nella storia la maggior parte dei popoli barbarici (dai Germani agli Slavi).
Alla guida degli Unni, popolazione nomade originaria dell’Asia centrale, riuscii ad ottenere la supremazia militare sulle popolazioni rivali, più civilizzate, e lo feci grazie alla nostra abilità nel combattimento, alla capacità di spostarci con una straordinaria facilità e di usare armi innovative come l’arco detto, appunto, “unno”.
Durante il mio regno divenni il più irriducibile nemico dell'Impero Romano d'Oriente e dell'Impero Romano d'Occidente: invasi due volte i Balcani, assediai Costantinopoli, marciai attraverso la Gallia, scacciai l'imperatore Valentiniano III da Ravenna (città in cui ero stato in gioventù come “prigioniero-ospite”, imparando così il latino) .
A vent'anni tornai tra la mia gente partecipando a numerose invasioni scatenate da mio zio Rua. Alla sua morte gli succedette mio fratello Bleda, che a livello di spietatezza non era inferiore a me. Quando è stato il mio turno a capo degli Unni, ho messo a ferro e fuoco l’Europa intera, spingendomi fino alle porte di Roma, dove però non sono entrato dopo un incontro con papa Leone I ancora oggi avvolto nel mistero.
Numerose sono le leggende sorte nei miei confronti, più basate sulla fantasia che non su dati storici concreti. Si racconta ad esempio che fossi superstizioso, facessi affidamento sulle profezie e mi facessi influenzare nelle decisioni in campo militare da indovini e sciamani. Si narra inoltre di mie pratiche cannibalistiche e che avessi addirittura mangiato i miei figli Erp ed Eitil dopo che mia moglie me li aveva accuratamente arrostiti nel miele. Si vocifera anche che avessi avuto numerose mogli e più di cento figli.
L’unica cosa certa è che alla mia morte l’impero unno si disgregò immediatamente, contribuendo così ad alimentare la mia leggenda: guerriero feroce, avido e crudele per alcuni; condottiero impavido e coraggioso per altri.
Quel che è sicuro è che il mio rimane un nome scolpito nella Storia che ancora oggi non vi lascia indifferenti… Vero?
Andrea Pagno nei panni di Attila

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